Sotto la direzione tecnica del Professore Federico Tisi
"Jiu-Jitsu: arte marziale o sport da combattimento?"di Federico Tisi |
Jiu-Jitsu: arte marziale o sport da combattimento? di Federico TisiIl Jiu-Jitsu è un'arte marziale nata ai fini della difesa personale. In tal senso è stata intesa per gran parte della sua storia, ed è con questa finalità che è stata tramandata e si è evoluta fino ai giorni nostri. Il Jiu-Jitsu è nato per consentire ad un individuo di avere la meglio su di un avversario più forte, grosso ed aggressivo, attraverso l'uso di un posizionamento corretto, del principio di leva, e di un tempismo appropriato e di un intelligente uso della forza fisica. Per molto tempo in Brasile non esistevano campionati di Jiu-Jitsu, ma solo sfide tra scuole, che si svolgevano a volte secondo le regole della lotta, come nei famosi scontri tra Helio Gracie e Kato e poi tra Helio e Kimura, oppure secondo le regole del "vale tudo", l'antenato delle moderne competizioni di MMA. La finalità di questi scontri non era di vincere un campionato o un titolo agonistico, quanto piuttosto di "testare" sul campo le tecniche apprese, di mantenere alto l'onore della propria scuola e/o della propria arte marziale, oppure per risolvere alcune antipatie e inimicizie personali nel classico stile "Far West". Fino ai primi anni '90 , i tornei di Jiu-Jitsu in Brasile erano pochi e decisamente male organizzati. Le "regole" che trasformavano quest'arte marziale in uno sport da combattimento erano ancora abbastanza sperimentali e poco collaudate, proprio come accadde quando il Judo compiva i suoi primi passi. Per i praticanti l'agonismo non era una priorità, chi vi partecipava lo faceva con l'unico intento di finalizzare il proprio avversario e non di vincere ai punti, e spesso tra una gara e l'altra passavano numerosi mesi, durante i quali il lottatore aveva il tempo per "maturare" in modo spontaneo senza troppe forzature agonistiche. Al giorno d'oggi l'aspetto agonistico-competitivo del Jiu-Jitsu è cresciuto moltissimo. I campionati sono oramai eventi che in Brasile hanno cadenza quasi settimanale, ed il regolamento sportivo è stato oramai rodato ed elaborato al punto giusto. L'esplosione del jiujitsu competitivo ha poi fatto in modo che siano nate riviste ed una miriade di siti internet pronti a celebrare i campioni di turno, nonché marche di articoli tecnici e di fightwear che sponsorizzano atleti tempestando i loro kimono di loghi e pubblicità. Anche grazie a questo, gli atleti più bravi assurgono a status di vere e proprie star, come in qualsiasi altro sport di maggiore diffusione. Questa esplosione dell'aspetto competitivo del Jiu-Jitsu ha modificato molto l'approccio all' insegnamento in molte palestre, facendo in modo che quasi ogni scuola prendessero strade a volte molto diverse tra loro. Sono addirittura nate squadre, tralasciando completamente gli altri aspetti della pratica. Ecco dunque giunti all'annoso dilemma: il Jiu-Jitsu brasiliano è ancora un'arte marziale o è diventato uno sport da combattimento? Per cercare di dare una risposta a questo interrogativo, ritengo necessario stabilire delle premesse su cosa si intenda per arte marziale e sport da combattimento. Degli innumerevoli criteri che si possono utilizzare per fare una distinzione tra arte marziale e sport da combattimento penso che distinguerle sulla base delle loro finalità sia un buon inizio. L'arte marziale ha come obbiettivo primario la difesa personale, ed in particolare la difesa personale contro un avversario fisicamente più aggressivo e più prestante di noi. Lo sport da combattimento ha come obbiettivo la competizione agonistica, in altre parole prepararsi al meglio per il raggiungimento della vittoria in competizione. Entrambi, se praticate correttamente sotto la guida di un insegnante qualificato, portano allo sviluppo armonioso del fisico e del carattere di chi le pratica. Il Jiu-Jitsu brasiliano ha sempre poggiato i piedi sul terreno delle esperienze maturate nel corso di innumerevoli tipi di combattimenti, dal vale tudo delle origini fino alle sfide sui tatami di mezzo mondo con praticanti di stili di lotta differenti. Da questo punto di vista dunque la competizione non può che essere ritenuta una componente fondamentale del jiu jitsu, grazie alla quale sono cresciuti moltissimi talenti della disciplina e sul quale sono state testate per anni nuove tecniche e nuove strategie. La competizione è sempre stato il banco di prova del lottatore di jiu jitsu, sia che si trattasse di vale tudo , che di un torneo di jiu jitsu. Possiamo dunque affermare che nel Jiu-Jitsu brasiliano anche chi propone una interpretazione "marzialistica" ammette più che volentieri la necessità dell'agonismo o della competizione in genere. La distinzione nel caso del Jiu-Jitsu brasiliano non va dunque fatta come in altre arti marziali tra chi ammette e chi invece rifiuta l'agonismo, ma tra chi ha deciso di percorrere unicamente la strada dell'agonismo e chi invece lascia spazio anche ad una visione non necessariamente agonistica della pratica. Sebbene, lo ripeto, io nutra un profondo rispetto per l'interpretazione al 100% agonistica del Jiu-Jitsu brasiliano, vorrei fare alcune osservazioni che spero facciano riflettere anche i sostenitori "puri e duri" di questa visione assolutistica. Ho avuto la fortuna di allenarmi in Brasile anche con alcune delle cinture nere più anziane, non solo per cintura ma anche in senso anagrafico vero e proprio, e vi assicuro che oltre ad essere ancora dei praticanti coi fiocchi, mi prendevano pure in giro dicendo che il Jiu-Jitsu competitivo moderno, fatto di punti vantaggi e medaglie era roba da femminucce, il loro invece era volto solo alla finalizzazione, roba che serviva in combattimento, roba da veri uomini insomma...e guai a farli innervosire! Questo semplicemente per dire che l'arte marziale è anche una pratica quotidiana che andrebbe intesa nel lungo termine anche come percorso di crescita personale e di pratica salutare quotidiana. Percorrere unicamente la strada dell'agonismo può inoltre portare facilmente ad una metamorfosi tecnica ed anche di mentalità che tende via via a snaturare la base della disciplina, arrivando ad esempio ad avere atleti n grado di effettuare o difendersi da complicatissimi ribaltamenti, ma incapaci di difendersi in modo efficace da una presa al collo "da portinaio" o da un comunissimo pugno. Mi chiedo inoltre: quanto dura la vita di un atleta di sport da combattimento? In media una decina d'anni, volendo trovare un compromesso tra l'agonista cresciuto letteralmente sui tatami e quello un po' "tardivo" come me che vi ha messo piede una volta superato all'anagrafe il quarto di secolo. Quando l'atleta "muore", cosa rimane? Se andiamo a visitare una palestra di Jiu-Jitsu brasiliano o di Judo tradizionale, spesso incontriamo signori a dir poco avanti con l'età che continuano a praticare e che alcune volte non hanno mai messo piede su un tatami di gara. Difficilmente si può dire lo stesso per discipline come la lotta olimpica ed il judo sportivo, create per la competizione, e praticate principalmente da agonisti ed insegnate solo per questo fine. Chi non compete più spesso si ritira dalla pratica, o diventa allenatore, mettendo spesso da parte l'aspetto dell'allenamento vero e proprio. In questi casi, la pratica individuale senza la possibilità di perseguire altro se non il fine ultimo della gara perde gran parte del suo perché. Per l'arte marziale, l'agonismo è solo un modo di praticare, non la pratica stessa. Ritengo si debba anche sottolineare che ogni volta che si parla di agonismo, si parla in qualche misura di performance atletica. I tornei attuali impongono spesso di sostenere numerose lotte in un solo giorno, e quindi impongono una preparazione atletica tecnica e strategica di altissimo livello. Limitare la pratica e l'insegnamento del Jiu-Jitsu a questa visione significa anche limitarne la pratica ai soli praticanti capaci di sopportare i ritmi (pesanti) dell'agonismo, menomando a mio avviso il jiu jitsu inteso come pratica quotidiana per chiunque abbia una forma fisica sufficientemente buona per affrontare una qualsiasi pratica sportiva dilettantistica. Prendere come punto di riferimento per la pratica le performance del campione del mondo di turno senza essere agonisti, comporta anche il rischio di vedersi come un praticante non agonista "di serie b" il che non potrebbe essere più sbagliato. L'agonismo è, lo ripeto, solo uno dei modi di vivere il Jiu-Jitsu , e non è né meno né più rispettabile del modo che sceglie un amatore non agonista. Altro discorso vale per l'insegnamento , per affrontare il quale penso sia indispensabile una almeno discreta esperienza nell'ambito dell'agonismo, se non altro per il fatto che non si può insegnare ciò che non si ha mai fatto. Questo è però un altro discorso che verrà approfondito in separata sede. Personalmente ritengo che avere una infarinatura di difesa personale sia indispensabile per chiunque pratichi un arte marziale o uno sport da combattimento, cosi come ritengo che l'agonismo spinto porti spesso a stress e pressioni che non fanno benissimo alla pratica. A mio avviso il Jiu-Jitsu e l'arte marziale in genere non consistono solo nell'imparare a combattere, ma consistono soprattutto in una pratica di crescita personale di sviluppo del carattere, di valori, e l'adozione di uno stile di vita salutare. Nelle Accademie dove amo recarmi per migliorare ed imparare cosi come nella mia, sono presenti tutte le dimensioni del Jiu-Jitsu . Chi desidera apprendere un pò di difesa personale lo può fare senza problemi, l'agonista può affrontare allenamenti piuttosto intensi mirati alle gare, mentre l'amatore di qualsiasi età e condizione fisica può affrontare allenamenti quotidiani alla sua portata. Penso che questo sia il modo corretto per offrire a tutti l'opportunità di migliorare la propria vita grazie al Jiu-Jitsu. Per concludere, e volendo tornare all'interrogativo che da il titolo a questo articolo, il Jiu-Jitsu brasiliano è uno sport da combattimento o un'arte marziale? La risposta la si può solo dare attraverso la pratica e le proprie aspirazioni e necessità personali. Il Jiu-Jitsu è un'arte bellissima anche perché la si può plasmare a seconda dei propri gusti e le proprie esigenze. In definitiva, la si può interpretare in entrambi i modi, ora sta a voi capire qual è il modo che vi interessa di più, e trovare un maestro che condivida la vostra stessa visione per percorrere al meglio la strada che avete scelto. Buona pratica! testo tratto da http://www.federicotisi.com/ita/dettaglioscritti.php?id=3 |